Percepire il soffio
2014

Sentire il soffio/2014Formelle in ceramica, disegni, poesia;

Sentire il soffio/2014Formelle in ceramica, disegni, poesia;

Percepire il soffio / 2014
Mostra personale a cura di Valerio Deho’

Dove:Museo Tattile Statale Omero, Mole Vanvitelliana, Ancona
Promossa Dal Museo Tattile Statale Omero
Quando: 16 luglio – 7 settembre 2014

Tutte le mie primavere nelle sue

Usciamo, noi due, mano grande mano piccola dentro una all’altra, attraversiamo la strada

Volano, i mei capelli e i suoi in alto, all’improvviso

si alzano, la mia fiammata rossa e la sua,

chiome al vento inaspettato

Sentire il soffio/2014Formelle in ceramica, disegni, poesia;

Sentire il soffio/2014Formelle in ceramica, disegni, poesia;

Si alzano le foglie, suonano

tutte le mie primavere ci sono qua insieme alla sua, ora la sua

si alzano le nostre risate

nella sua primavera ci sarà la mia

ricordo, mi sposto dal ricordo

ci sono, il vento spazza via, azzurro della stagione nuova nella sua mano e annuncia

ridiamo al ritmo del vento

il momento è solo nostro del colore degli annunci

Una risata

Sentire il soffio/2014Formelle in ceramica, disegni, poesia ;

Sentire il soffio/2014Formelle in ceramica, disegni, poesia ;

Vi è una sospensione vitale nell’opera di Silvia Fiorentino, una forma di
silenzio che lascia intuire la parola, qualcosa che non ha ancora una
definizione ma potrebbe averla da un momento all’altro come potenzialità
sospesa.

Trasformazione in “O”/2014 Installazione site specificCeramiche differenti, tela di lino, disegni;

Trasformazione in “O”/2014 Installazione site specific
Ceramiche differenti, tela di lino, disegni;

Il soffio è legato quindi al flatus vocis, all’espirazione dell’aria che
collega il corpo alla lettera, la materia allo spirito. La poesia respira e crea
universi. Tutto il lavoro dell’artista è un ricercare e un ripercorrere lo spazio
della creazione, il suo mistero, la sua impossibilità. Rielabora non solo l’idea
dell’artista come artefice, ma vi sovrappone, la parola, la poesia come
componente magica della creazione. Inoltre l’artista in quanto donna diventa
fecondatrice di forme, dà sostanza all’immateriale, al silenzio.
Da questo
punto di vista è chiaro che l’articolazione delle sue opere procede per periodi,
per serie o immagini complesse tra cui la Fiorentino costruisce legami, trame
segrete, attraverso un nomadismo espressivo che è suggerito dalla diversità
dei percorsi, dalla larvalità del linguaggio. In questo dimostra la sua maggiore
coerenza, cioè non cerca mai di portare ad esplicitazione un percorso di
senso. Questo resta sempre aggrappato alle forme primordiali, alla
stratificazione dei significati che naturalmente sono un suo patrimonio
personale e che non devono essere svelati, altrimenti l’enigma si indebolisce
e decade.

Architettura sentimentale/ 2009Scultura :plexiglas serigrafia,luce, legno;

Architettura sentimentale/ 2009
Scultura :plexiglas serigrafia,
luce, legno;[/caption}
Inoltre si intreccia un complesso rapporto tra la parola, la lettura poetica, la
foné e l’opera, Rispondendo in una intervista a Giovanna Curatola, Silvia
Fiorentino ha detto: “Nella pratica ebraica la parola, nel suo significato
assoluto di corpo, vita, segno con regole difficili a cui ti devi dare con grande
studio e con profondo ascolto, è il vero rapporto con te stessa e quindi con il
divino, rapporto carico di timore all’interno della spasmodica ricerca di vero
attraverso la parola o meglio di ricerca della radice prima attraverso la
parola”. Del resto è noto come Dio condanni le chiacchiere inutili, per questo
alcuni ordini religiosi come i cistercensi hanno deciso di aggirare l’osservanza
del divieto di parlare inventando una sorta di linguaggio per sordomuti: così in
pratica possono parlare sempre, anche senza aprire la bocca. Dio, più
seriamente tace, e come sostiene il mistico ebreo Eleazaro di Worms: “Egli
persiste nel silenzio e mantiene l’universo”. Ha scritto Gershom Scholem al
proposito “Il Dio silenzioso, immanente in tutte le cose come la loro più
profonda realtà, parla e si manifesta attraverso l’apparizione della sua gloria
’’.

[caption id="attachment_194" align="alignnone" width="947"]Architettura sentimentale/ 2014Scultura :plexiglas serigrafia,luce, legno; Architettura sentimentale/ 2014
Scultura :plexiglas serigrafia,
luce, legno;


Soffio di vita, parola che evoca le cose mentre le nomine, ma certamente
questa sfera deve comunque interrogarsi con il “dare forma”, in ogni caso la
visualità di chi scrive e di chi parla deve estrinsecarsi. Per questo Silvia
Fiorentino ha spesso dato importanza, come in questo recentissimo lavoro, al
disegno, ai disegni. Questo linguaggio dell’arte ormai svincolato
definitivamente dalle sue componenti ancillari, la preparazione all’opera
dipinta gerarchicamente più importante, è una parte costituiva della
riflessione quotidiana dell’artista. Il disegno nasce sempre e comunque da un
bisogno, termina prima che questo bisogno sia esaurito. La parete di
“Percepire il soffio” mette in chiaro la complessità del mondo dell’artista, la
sua spontaneità nel ricercare i limiti linguistici che sono anche quelli del
mondo che esprime. Lavorando per polarità Silvia Fiorentino contrappone al
segno il silenzio, come matrice di possibilità. Il silenzio non è solo una
componente femminile, uno dei nomi che si possono dare all’ attesa, è anche
il momento prima della parola, la soglia tra visibile e invisibile. Vi è un
avvicinamento progressivo ad una nozione visiva del silenzio nelle opere
dell’artista. Certamente i suoi recenti disegni, non solo recepiscono la lezione
di un colore che non sa tacere un’ attestazione di presenza, ma cercano di
dare voce al segno: questa dialettica ha creato ai lavori non solo un indirizzo
provvisorio ma deciso, ma è anche riuscito ad allargare gli orizzonti del lavori
in una direzione ricollegabile per certi versi alle esperienze della pittura-
scrittura.

Questa originale e personalissima parola visiva , attraverso un sintetico
percorso artistico si è sviluppata per combinazioni successive, ma è frutto
anche intuizioni verificate attentamente nel tempo. In tale processo troviamo
l’essenza stessa del linguaggio: partire da una serie di segni per comporre
grandi, infinite opere. E questo è tanto più importante in quanto l’artista ha
sempre avuto in sé questa tensione. Si tratta di una tensione che si
appoggia a regole costruttive interiori, su di una costruttività che non è frutto
del caso, ma nemmeno si adagia nella ripetizione dello stile. Le sue
“Architetture sentimentali” (2012-2014) rappresentano al meglio questa
polarità perchè sono esattamente dei messaggi complessi, che non solo
mettono insieme disegno, fotografia e scultura ma sono veri e propri “oggetti
ansiosi”. Il frame che inquadra lasciando libera una porzione di immagine, il
contenitore che non contiene abbastanza, dà l’idea di come l’artista proceda
cercando sempre il limite della forma, il limite della complessità, il
contrappunto tra il vedere e l’immaginare. Lavori importanti questi, che
mettono in gioco la complessa articolazione del lavoro di Silvia Fiorentino in
un’opera aperta ma non troppo.

Alcuni artisti sembrano proprio riflettere su questo tipo di linguaggio sia
sugli elementi ultimi e non più analizzabili, sia sui procedimenti che bisogna
adoperare per creare da questi elementi delle composizioni. Silvia Fiorentino
tende personalmente verso una risposta lirica, spirituale a questi problemi.
Non deborda mai verso un versante o l’altro del contemporaneo. In questo si
lascia sempre, da artista intelligente, delle possibilità di uscita, non si è mai
chiuso in una dimensione ripetitiva e ripetuta.
Naturalmente le scelte formali sono determinanti. Il colore soprattutto che
balugina negli “Arazzi” ( 2007-2014) è abbastanza caldo per riverberare la
luce, per questo la sensazione complessiva è quella di un irraggiamento
progressivo seppur il tono complessivo riamane quello di una
indeterminatezza dei contorni dell’opera, una ricerca dell’indefinito, di una
forma aperta primitiva. Negli ultimi lavori si sostanzia un’espansione di
energia in cui la concretezza del dipinto, la sua materia pittorica e segnica
concorre ad essere veicolo, non semplice contenitore di un’idea. Allora è
chiaro come una passaggio del genere porti la esperienza segnico-informale,
verso una dimensione di trascendenza. Questa maturità raggiunta dall’artista
con la ricerca quotidiana, appare come il completamento di un percorso che
non si arresta in questo momento, ma che raggiunge un punto di equilibrio e
di forza. Vi è una dominanza di quello che si può chiamare il silenzio : questo
irrappresentabile in pittura è stato spesso espresso dai monocromi e ha
trovato negli Stati Uniti degli interpreti straordinari come Rothko o Rheinardt.
Le opere dell’artista sono pause di pensiero, momenti in cui la meditazione si
offre con la spontaneità di un desiderio. Accade con questa espressività di
trovarsi in uno stato di sospensione non solo temporale. Si tratta cioè di
riuscire dare rappresentazione ad uno stato mentale che è anche uno stato
d’animo. Ad amplificare la sensazione immediata fino a trasformarla in un
dato permanente.
Paradigmatici sono in questo caso gli “Ex voto” recenti ceramiche che nell’
essere corpi e non corpi nello stesso tempo, sostanziati di terra, tanto per
non uscire dai paragoni biblici o demiurgici, che richiamano nella storia
dell’artista le sue sculture di tela cucita, ma anche quel silenzio del corpo di
cui ha spesso narrato Guido Ceronetti. Il corpo tace, ma non acconsente. Il
corpo produce rumore, ma non parla, non domina il linguaggio, ne è
dominato. Questi corpi, tronchi e grezzi della Fiorentino non parlano e non
attendono la parola per mettersi in movimento.
La storia del corpo in Occidente è la storia di una rimozione. Se “In principio
era il Verbo” del corpo non sappiamo cosa farcene, è meglio farlo stare zitto.
Altra polarità nel lavoro di Silvia Fiorentino, corpo e parola. Il corpo nell’arte
sta zitto, parlano le sue forme, le sue memorie ancestrali, riesce a mettere in
movimento qualcosa di supraindividuale, che ci appartiene, ma l’abbiamo
dimenticato. Per questo bisogna tenerlo a bada con le parole, domarlo
attraverso la logica dell’esclusione verbale. Nulla ha il nome che dovrebbe,
esiste certamente una convenzione che trova il comune accordo sull’uso del
linguaggio, ma questo si evolve nel costume, ogni parole vive all’interno di
un’ incessante proliferazione semiotica. Parole e corpi si riproducono in modo
incontrollato, ad di fuori dell’arte.

Architettura sentimentale/ 2011Scultura :plexiglas serigrafia,luce, legno;

Architettura sentimentale/ 2011
Scultura :plexiglas serigrafia,
luce, legno;

Sono soprattutto le parole “sporche” ( non a caso ) che possiedono il più alto
numero di sinonimi. Ogni sinonimo dà conto è vero di una sfumatura, di una
particolare differenza, ma è anche una traduzione, implica una scelta d’uso a
seconda della convenienze. Il corpo tace nella sua nudità, mente il dizionario
lo veste di parole. I “corpi” di Silvia Fiorentino hanno una fisicità che la
collega a altre corporeità femminili, penso alla Carol Rama e alla Kiki Smith.
Se ogni riferimento alla corporeità viene sistematicamente bandito dalla
civiltà ipertestuale, da quella civiltà che è abituata a trattare la natura come
un lapsus, allora l’arte e la donna, se ne riappropriano. Il corpo come dono,
ex voto, come presenza non diventa mai un ricordo, forse il segno di una
grazia. Ricevuta.

Architettura sentimentale/ 2014Scultura :plexiglas serigrafia,luce, legno;

Architettura sentimentale/ 2014
Scultura :plexiglas serigrafia,
luce, legno;

Il corpo o c’è o non c’è. Allora si comprende come con i suoi odori e i suoi
umori fa fatica a emergere al di sotto della coltre profumata del linguaggio.
Per fortuna c’è l’arte, lo ripetiamo. Dalla bara linguistica il corpo non si
risolleverà più, la stessa psicanalisi ha avallato, volontariamente, l’esigenza
di escludere ogni fisicità dall’edificazione del sociale. Per questo il silenzio
dell’altro rispetto alla ratio della parola è anche una mancanza di aderenza
alla convenzionalità insita in un sistema di segni. L’universo della
comunicazione presuppone l’aderenza a delle norme che siano condivise e
condivisibili. L’anarchia della corporalità mal si adatta alla rigidità di un’
educazione. Ma il suo tacere è minaccia di sovvertimento dell’ordine istituito.
Mostrare il corpo senza rappresentarlo, soffiare la parola senza costruire un
linguaggio, suggerire il primitivo con un’ arte colta ed evoluta, sposare la
parola al segno unendo materiale a immateriale: alcune polarità dell’arte di
Silvia Fiorentino sono queste. La sua arte complessa ed essenziale nello
stesso tempo nelle sue migliori espressioni diventa qualcosa di sempre più
leggero e concettuale, diventa virtualità come il soffio del pensiero e della
spiritualità, qualcosa che si avvicina alla realtà più del sogno.
Valerio Dehò

Con il patrocinio di Regione Marche
In collaborazione al Comune di Ancona, Associazione “Per il Museo Tattile Statale Omero”

ALLESTIMENTO: Silvia Fiorentino

REALIZZAZIONE ALLESTIMENTO: Alessandro Cagnolati, Silvia Fiorentino

ILLUMINAZIONE: (regia e montaggio ) Manrico Rocchi

EDITING TESTI: Alessandra Mulas

FOTO: Alessandro Cagnolati

SUPPORTI TIFLODIDATTICI: Daniela Bottegoni, David Janashia, Massimiliano Trubbiani

CATALOGO: Percepire il soffio ed. Museo Omero. Progetto grafico: Loretta Tavoloni.
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA: Giulia Cester

SERVIZI DIDATTICI E VISITE GUIDATE: Manuela Alessandrini, Monica Bernacchia, Cristiana Carlini, Giulia Cester, Francesca Graziani, Annalisa Trasatti, Massimiliano Trubbiani

COMUNICAZIONE E UFFICIO STAMPA: Monica Bernacchia – Museo Tattile Statale Omero
Economia & Cultura di Gabriella Papini

Si ringrazia per l’aiuto Enrico Trillini
Laboratorio “contrada Montefiore 66”